Testo di Maurizio Sartori
21 agosto 2021
Oggi la sveglia è fissata per le sei. Abbiamo dormito a Guillestre in un ostello, tutti nella stessa stanza. Così mentre io e Carles ci svegliamo “in silenzio” e ci prepariamo per la partenza della quarta tappa, Marina, Eleonora e Marie continuano a dormire. Più tardi ci diranno che il nostro risveglio, non è stato molto silenzioso e abbiamo fatto un sacco di rumore con le borse e le scatole della colazione. Scusateci ancora ragazze.
Sicché svegli e vestiti, prendiamo le nostre fedeli bighe e partiamo in direzione Briançon, per affrontare la tappa regina del Tour du Mao, 240 km e 3.800 metri di dislivello! Oggi affronteremo anche la Cima Coppi, ovvero il valico alpino più alto del Tour, il Col du Galibier che con i sui 2642 metri s.l.m. è uno dei mostri sacri del ciclismo di tutti i tempi.
Da Guillestre fino a Briançon seguiamo la strada N94 a fondo valle che è completamente all’ombra. Fa freddo, ci sono circa dieci gradi non di più, forse meno, e fino a che non esce il sole non ci scalderemo. Ci fermiamo subito al primo bar per bere un caffè caldo e una golosa brioche. Finalmente, dopo il primi 40 km infreddoliti e ancora un po’ addormentati, entriamo a Briançon e infiliamo verso la valle delle Guisane. Passando da queste parti, che già conosco, mi viene in mente una storia del ciclismo d’altri tempi che ho letto tempo fa e che ho voglia di raccontare a Carles.
Questa città di Briaçon, all’imbocco di cinque valli, si trova ai piedi del Col de l’Izoard e del Monginevro ed è spesso città di partenza e di arrivo di tappa del Tour de France. Il protagonista di questa storia è il grande Gino Bartali, che al Tour de France del 1948 ribaltò completamente la classifica generale nella 13° tappa con arrivo a Briançon (aveva oltre 7 minuti di ritardo dal primo in classifica, il francese Louison Bobet) realizzando una vera impresa sul Col de l’Izoard prima, e poi nella 14° tappa con passaggio sul Galibier, entrando nella storia conquistando questo stesso giorno la maglia gialla e incamminandosi verso il trionfo finale di Parigi, per vincere il suo secondo Tour de France, nel dopoguerra, a 10 anni di distanza dalla sua prima vittoria. Il Galibier lo scaleremo anche noi oggi, dallo stesso versante che scalarono quei campioni ben 73 anni fa.
Come primo ostacolo però affrontiamo il Col de Lautaret, che tolti i 26 km di lunghezza è comunque una salita molto pedalabile con una pendenza media del 3%. A metà della salita, con una carreggiata molto ampia e il traffico un po’ molesto, Carles, rimasto senza acqua, decide di scendere sotto un ponte a riempire le borracce in un ruscello. Dopo essere ripartiti, 300 metri più avanti, troviamo una fontana a lato strada in un parcheggio. Sorridendo non commentiamo e continuiamo ognuno con il proprio ritmo. Prendo un po’ di vantaggio, ma Carles mi segue non troppo lontano. Così dopo 60 km di pedalata arriviamo al valico del Lautaret, e prendiamo il bivio a destra in direzione Galibier. Il paesaggio è stupendo siamo circondati dai ghiacciai, quelli di Ecrins e Quirlies sulla sfondo a sinistra. Proprio dietro a quelle montagne ci sono altre mitiche salite alpine, affrontate dai noi campioni: l’Alpe d’Huez, La Croix-de-Fer, La Madeleine e tante altre, ma oggi andiamo da un’altra parte, verso Torino. Dovremo aspettare un’altra avventura per scalare anche quelle.
La salita del Galibier da Lautaret è lunga circa 9 km e la pendenza media è del 7%. Pian piano mi faccio strada e salgo a buon ritmo. Non mi spremo al massimo, mai l’ho fatto durante queste tappe, perché la strada è molto lunga ed è più importante mantenere sempre un ritmo costante per arrivare intero a fine giornata. Carles lo intravedo qualche tornante più in giù. Mi sento forte, respiro piano e riempio i polmoni di ossigeno, a questa altitudine è un piacere. Le pulsazioni sono basse, molto basse, guardo avanti e contemplo la montagna davanti a me. Calcolo i metri scalati e quelli che mancano e controllo ogni pedalata. È sempre una grande emozione poter contare solo sulle proprie forze per arrivare in vetta. C’è tanta gente, tanti ciclisti, ma anche tante moto e macchine. Si vede che è una salita mitica e importante. Ci scattano anche qualche foto, poi non potremo fare a meno di comprarne un paio.
Le ultime curve, dal tunnel fino in cima, sono le più dure, la pendenza è a doppia cifra. Arrivato al passo mi godo il paesaggio, mangio e bevo mentre aspetto il Carles che arriva dopo pochi minuti. Lo vedo da lontano e decido di fare un video. Mi accorgo appena si avvicina che è emozionato per l’impresa, lo accompagno correndo e lo incito come un campione. Un forte abbraccio è inevitabile, sei un grande! La prima impresa della giornata è fatta.
Dopo aver contemplato il paesaggio per qualche minuto, assimilato le emozioni e recuperato un po’ le forze, facciamo le nostre foto di rito con i cartelli del colle e ripartiamo verso una lunga e veloce discesa. Il primo paese che attraversiamo è Valloire, poi il Col du Télégraphe, che da questo lato è solo una collina poco più di 4 km al 3%, ma comunque sono altri 150 metri di dislivello che accumuliamo. Poi via verso un’altra discesa molto veloce fino a Saint-Michel-de-Maurienne.
Arrivati a valle, giriamo a destra in direzione Modane. La temperatura è decisamente cambiata. Siamo passati dai piacevoli 20/24° dei 2000 metri ai 34° dei 900 metri di questa valle della Maurienne. Sono le 13.30 circa, decidiamo che è ora di pranzo e visto che sono già sei ore buone che pedaliamo, ce lo meritiamo. L’unico posto che troviamo, un po’ a fatica, è un supermercato, ma che ci sarà molto utile. Carles è stremato, i 20 km a fondo valle con questa temperatura si fanno sentire. Io pure sto accusando il caldo, ma entro a fare la spesa. La pausa all’ombra e con cibarie di ogni tipo è come la manna dal cielo.
Dopo circa 45 minuti di sosta ripartiamo con i depositi di nuovo belli pieni per affrontare gli ultimi 120 km della giornata. Siamo a metà strada. Ci incamminiamo piano piano in salita verso l’ultima fatica della giornata, il Col du Mont Cenis, 10 km al 7% di media. Come ci aspettavamo si fa più duro del Galibier, vuoi perché portiamo già diversi km nelle gambe, vuoi perché la salita è costante e non ti lasciamo mai un attimo di respiro fino alla vetta. Ma cerchiamo di guardare il lato positivo. Per fortuna l’aria si rinfresca e la temperatura torna piacevole. Nel limite del possibile osservo il paesaggio e le montagne che lo sovrastano. Si avvicinano anche delle nuvole, all’ombra fa addirittura fresco. Pian piano i chilometri di salita diminuiscono, meno tre, meno due eccolo l’ultimo chilometro. Sono in cima. Penso che ormai è fatta. Abbiamo finito tutte le asperità più dure del Tour du Mao! Mentre arriva anche Carles in cima, mangio ancora e indosso qualche strato in più, perché i 2083 metri s.l.m. si iniziano a far sentire. Foto di rito e via in discesa verso Torino. Bè la discesa inizia dopo il lungo lago del Moncenisio e dopo essere entrati in Italia, Altra foto e video euforico per essere arrivato in italia dopo un anno che non tornavo!
Improvviso una canzone in un momento di euforia. Non so perché ma appena visualizzo il cartello Italia mi viene in mente la canzone di Rita Pavone e la sua “Viva la pappa col pomodoro”. Sto già pregustando i piatti di mamma! Carles fa delle facce strane e giustamente non capisce cosa stia cantando. Ripartiamo facendoci delle grosse risate. La discesa della Val di Susa la conosco a memoria, o quasi, l’ho fatta diverse volte in furgone, ma in bici scendo molto più veloce! Che bella la velocità, per fortuna dopo la fatica c’è sempre il divertimento, sento l’adrenalina che mi invade per tutto il corpo. Arrivati a valle a Susa è ormai fatta, mancano 50 km che percorriamo velocemente in un paio d’ore. Entriamo a Torino foto di rito all’arrivo e via verso l’hotel. La Marina ci aspetta con il furgone parcheggiato sotto casa e le nostre valige pronte per prepararci per la notte e per affrontare domani l’ultima tappa. Che emozione domani arriviamo a Monza!